Tali risultanze non possono quindi rappresentare da sole un elemento di prova idoneo a sorreggere l’accusa e la responsabilità penale del contribuente.
la III^ sezione penale della cassazione, con la sentenza n.15899 del 18/4/2016 ha stabilito che le presunzioni legali tributarie pur potendo avere valore indiziario, non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato, rappresentando esclusivamente dati di fatto liberamente valutabili dal giudice penale insieme ad altri riscontri.
e la sanzione tributaria? che fine fa? a parere dello scrivente non è applicabile.
entriamo nel caso specifico, come risaputo l’art.32, comma 1, n.2), del dpr 600/73, in materia di indagini finanziarie (l’accertamento “bancario”, il più pericoloso in assoluto) prevede che i versamenti sui conti correnti possono essere posti a base di rettifiche ed accertamenti come maggiori ricavi o compensi, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno alcuna rilevanza allo stesso fine, viceversa i prelevamenti e gli importi riscossi vengono considerati ricavi o compensi se il contribuente non è in grado di indicare il beneficiario di tali somme ovvero non risultano dalle scritture contabili.
per onor di cronaca, ricordo che quanto sopra è applicabile dal lontano 2005 anche ai professionisti.
l’accertamento è gravato dalle sanzioni amministrative tributarie e la responsabilità penale è dietro l’angolo; tuttavia, i giudici ribadiscono che le presunzioni fiscali sugli accertamenti bancari, , anche se di carattere legale, non possono da sole essere utilizzate ai fini della quantificazione dell’imposta evasa penalmente rilevante.
come è noto la disciplina attuale delle sanzioni amministrative tributarie è di stampo personalistico afflittivo in quanto mutuano la propria disciplina dal diritto punitivo; ciò ad esito di un’importante evoluzione storica che si è sviluppata nel secolo scorso.
alcuni principi o previsioni risultano mutuate in toto dal diritto penale (si pensi, ad esempio all’intrasmissibilità agli eredi, al favor rei ed altri istituti tipici), altre riadattate ad esigenze proprie della sanzione amministrativa. la sanzione amministrativa tributaria ha una propria identità teleologica ma anche una omogeneità funzionale con la sanzione penale.
concludendo: se la presunzione legale tributaria non è di per sé sufficiente a quantificare l’imposta evasa penalmente non lo sarà nemmeno ai fini della quantificazione della sanzione amministrativa. almeno questa è la conclusione di chi scrive.
a presto.