i livelli ed i modi di tassare devono servire il sistema economico e non asservirlo.
viviamo in una economia di mercato.
la prima regola dello stesso è che lo stato deve intervenire il minimo possibile, infatti, il mercato si autoregolamenta e trova l’equilibrio.
lo stato dovrebbe limitarsi a generare un ambiente sano e creare quelle condizioni serene nel quale l’attività economica possa prosperare.
nel caso di evidenti brutte pieghe, intervenire per porre rimedio e nuovamente uscirne.
il fisco nazionale è a pieno titolo intervento dello stato nell’economia di mercato.
questo intervento, se non per garantire i servizi minimi necessari agli operatori del sistema economico, distorce il mercato e omogeneizza le scelte imprenditoriali verso il pagamento delle imposte.
l’imprenditore non è più libero di fare la scelta migliore, di allocare a piacimento le risorse a disposizione della sua azienda. deve mettere il proprio guizzo e la propria impresa a servizio delle esigenze bulimiche di un apparato statale ormai insostenibile.
lo stato deve arretrare, diminuendo la pressione fiscale e facilitando lo sviluppo economico.
lasciare scegliere, facilitando chi sa scegliere al meglio ed è in grado di produrre ricchezza.
lavorare sulle basi imponibili e sullo sviluppo (pil) e ridurre le aliquote e la pressione fiscale.
senza questo, non c’è futuro.
per dimostrare ciò ho, inteso seguire lo schema del quando, chi, cosa, come e perche’. una volta terminato l’analisi, proporrò una soluzione.
scarica la tesi “reddito liquido e reddito d’impresa: conflitto di imputazione e prova diabolica. Possibili soluzioni“