Escluso il rimborso iva per le spese relative all’organizzazione di eventi

Nella sentenza 22 maggio 2023 n. 14049, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla distinzione tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza ai fini del riconoscimento del rimborso dell’IVA.

Preliminarmente può essere opportuno ricordare che, in linea generale:

  • sono “di pubblicità e di propaganda”, le spese che possono determinare un incremento delle vendite, mediante l’acquisizione di nuova clientela o l’incremento delle vendite alla clientela già esistente, tramite messaggi mediatici ovvero attraverso altri mezzi di propaganda fra cui i dépliants (destinati ai potenziali clienti) e cataloghi (destinati ai rivenditori). Ai fini delle imposte dirette, queste spese sono interamente deducibili nell’esercizio del relativo sostenimento. Ai fini IVA, l’imposta e’ interamente detraibile;
  • sono “di rappresentanza” le spese sostenute al fine di creare, mantenere e accrescere il prestigio della società e migliorarne l’immagine senza dare luogo ad aspettative di incremento delle vendite. Ai fini delle imposte sui redditi queste spese sono deducibili nel periodo d’imposta del reltivo sostenimento (art. 108, c. 2, del TUIR e DM 19.11.2008) e, ai fini IVA, l’imposta è indetraibile (ad eccezione degli omaggi).

Il caso esaminato nella sentenza in commento ha riguardato l’esatta qualificazione da attribuire alla somma versata da una società operante nel settore del luxury a titolo di contributo delle spese di organizzazione di un evento mondano e destinate, in parte, ad ospitare i clienti più facoltosi (al fine di consentire a quest’ultimi di assistere all’esposizione di gioielli preziosi commercializzati dalla società) e, in parte, alla realizzazione di un’opera di restauro della dimora storica in cui è stato organizzato l’evento.

In questo contesto, coerentemente con quanto affermato dalla giurisprudenza comunitaria in materia di detrazione dell’IVA per costi pubblicitari (Corte di Giustizia 25 novembre 2021 causa C-334/20), la Suprema Corte ha ribadito che, al fine di individuare l‘esatta natura da attribuire alle spese promozionali, è necessario verificare gli obiettivi che si intendono perseguire attraverso il relativo sostenimento, considerato che:

  • le spese di rappresentanza sono sostenute per accrescere l’immagine della società e le possibilità di sviluppo (senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite);
  • le spese di pubblicità hanno una diretta finalità promozionale dei prodotti e servizi commercializzati (infatti, in assenza di un potenziale ritorno commerciale, le spese – come quelle di sponsorizzazione – non possono essere considerate “di pubblicità”. In tal senso si vedano: Cass. nn. 10914/2015 e 5720/2016).

Nel caso specifico, il Collegio ha preliminarmente rilevato che, in base alla normativa relativa al Codice dei beni culturali e del paesaggio (ex art. 120 del DLgs. 42/2004 e art. 10 della legge 6 luglio 2002 n. 137), le attività sponsorizzate (ovvero il restauro e la promozione dell’immagine dell’impresa) dovevano ricomprendersi tra le “sponsorizzazioni dei beni culturali” (in tal senso, l’articolo 10 della Legge 137/2002 prevede che: “è sponsorizzazione di beni culturali ogni contributo, anche in beni o servizi, erogato per la progettazione o l’attuazione di iniziative in ordine alla tutela ovvero alla valorizzazione del patrimonio culturale, con lo scopo di promuovere il nome, il marchio, l’immagine, l’attività o il prodotto dell’attività del soggetto erogante“). Preso atto di quanto sopra, la destinazione delle somme versate al restauro della dimora storica e l’ampia diffusione della notizia relativa all’erogazione del contributo sugli organi di stampa sono stati considerati indicatori determinanti per confermare la sussistenza di un ritorno in termini di immagine a favore della società erogante, con conseguente classificazione delle spese sostenute tra quelle di rappresentanza. Da qui la conferma del diniego al rimborso dell’IVA.

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