Il mondo del lavoro è complesso per tutti gli attori, per le imprese e per le persone, oggi più che mai
Molte volte è il risultato di “false speranze” e illusioni.
A chi non è mai successo di essere assunti da un’organizzazione per poi rendersi conto di non identificarcisi e di non condividerne i valori? Quante aziende sono rimaste deluse dalle soft skills di persone più che titolate per quella mansione.
Probabilmente è un’esperienza comune alla maggior parte dei soggetti.
E ciò crea disagio e insoddisfazione, diffidenza tra le parti.
Condividere vision, mission e valori della propria organizzazione è fondamentale anche per instaurare un modus operandi orientato al raggiungimento dei risultati: è impossibile focalizzarsi sugli obiettivi, se il management e i collaboratori non guardano tutti nella stessa direzione.
Con la diffusione dello smart working poi, soprattutto nel primo periodo di emergenza, il legame con la propria realtà lavorativa e lo “spirito di gruppo” sono stati messi a dura prova da lontananza, intermediazione tecnologica e remotizzazione delle relazioni.
I titolari che si sono trovati più in difficoltà sono stati quelli che ancora basavano la propria operatività su un continuo controllo del lavoro e dei task, senza dare autonomia alle persone e con scarsa attenzione alle capacità e peculiarità di ciascuno. Non sorprende pensare come le persone, inserite in un tale contesto, non abbiano sviluppato un particolare senso di appartenenza alla propria realtà.
Viceversa, i leader più pronti al cambiamento sono stati coloro che, fin dall’inizio del rapporto di collaborazione con ciascuna persona in Studio, hanno posto l’accento sull’evidenziare il vero potenziale, anche quello nascosto, sia professionale che personale, di ogni singolo individuo.
In queste organizzazioni, il talento delle persone è un valore prioritario, su cui investire continuamente.
In questo modo, questi Studi innovativi hanno potuto rispondere alle esigenze dello smart working con la leva dell’empowerment, definendo obiettivi specifici e tarati sulle abilità di ciascun collaboratore, responsabilizzando ciascuno in merito ai propri risultati, consapevoli di aver creato un legame di appartenenza e fiducia tra le persone.
Persone.
Ecco il vero cuore di una struttura antifragile.
Persone, sono loro il vero “motore”, il cuore e il vero fattore competitivo di successo dell’organizzazione.
Il benessere lavorativo sul luogo del lavoro è il tema al centro del progetto SDBA BENEFIT che ha fatto di questa visione people centric un punto differenziante di successo.
Secondo SDBA BENEFIT “la felicità non è una questione lavorativa” sostiene Lorenzo della Bella “il lavoro deve dare serenità alle persone, perché se una persona non è serena al lavoro non potrà mai giocarsi al meglio le sue carte nella vita privata per trovare la felicità, fuori dal lavoro”
Ecco la filosofia dello Studio lecchese.
Le persone, sono loro il valore aggiunto di ogni organizzazione: “puoi avere la mia tecnologia, puoi avere le mie informazioni e i miei dati, puoi avere le mie competenze e i miei capitali, ma non puoi avere le mie persone, e le persone migliori sono da noi” e il mantra di Stefano della Bella, gemello, socio e co-owner dello Studio.
La procedura di on boarding di SDBA BENEFIT è inversa:
In SDBA BENEFIT, infatti, non è lo Studio che sceglie la persona, ma è la persona che sceglie lo Studio e di fare la differenza qui.
Un concetto che può apparire complesso e difficilmente realizzabile, ma per questa realtà professionale e imprenditoriale non è così.
“Sicuramente SDBA BENEFIT pone una particolare attenzione nei confronti dei candidati, ma non si limita, così come tanti Studi, ad analizzarne meramente le loro conoscenze tecniche e professionali. SDBA BENEFIT cerca di coglierne il vero potenziale, anche quello nascosto, sia professionale che personale, di ogni persona che ha davanti, collaboratore, cliente o fornitore”, afferma Francesca Rizzi, COO di SDBA BENEFIT.
“Voglio che siano le persone che scelgono lo Studio perché ne comprendono la visione ne condividono la filosofia. Con noi ci si deve compromettere in un progetto professionale che faccia la differenza nella vita delle persone, altrimenti non è il posto adatto” afferma Stefano della Bella.
“Per noi la chiarezza è fondamentale sin dal principio, quello che sviluppiamo con le persone è una sorta di patto di fiducia che si fonda, prima di tutto, sulla nostra chiara presentazione della visione di Studio e di obiettivi”, chiosa Lorenzo della Bella.
I due gemelli della Bella hanno dinnanzi a sé una chiara immagine che vede al centro la persona e il suo talento e vogliono, insieme ai loro partner, creare valore responsabile.
“Fiducia e trasparenza sono gli elementi base dei legami con le persone ed è proprio per questo che palesiamo gli obiettivi, la visione e lo stile professionale di SDBA BENEFIT sin dal primo incontro con i potenziali collaboratori. Non ci piacciono gli equivoci e pensiamo che sia la formula giusta per lavorare con persone motivate e determinate”, conclude Francesca Rizzi.
Valorizzazione del talento, crescita personale e professionale sono alla base del progetto di SDBA BENEFIT che s’impegna per creare e mantenere nel tempo un contesto lavorativo in cui ogni professionista possa esprimersi per avvicinarsi all’immagine che ognuno di noi vorrebbe per se stesso. In SDBA i professionisti vengono stimolati a coltivare i propri interessi professionali, ad affinare le competenze nei campi che maggiormente li coinvolgono e che li appassionano e vengono sostenuti nella creazione di nuovi segmenti di business fino ad allora, magari, frequentati solo incidentalmente dallo Studio.
Entrare in SDBA BENEFIT significa crescere e “mettersi in gioco” prima di tutto come persone, poi, come professionisti, in quanto è la somma dei diversi talenti il fattore che crea la vera differenza tra essere vulnerabili o antifragili.
In SDBA BENEFIT il talento delle persone è un valore che deve essere preservato e fatto sbocciare a favore del professionista e di tutti quelli che avranno a che fare con lui, clienti, colleghi e non.
Dott.ssa Francesca Rizzi,
con il contributo del Dott. Federico Iannella
degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano“