La responsabilità dei soggetti coinvolti nella cessione d’azienda

Abstract

La responsabilità tributaria del cessionario, nel caso di alienazione dell’azienda, è disciplinata dall’art. 14 del D.Lgs. 472/1997, che prevede la responsabilità solidale del cessionario con il cedente per il pagamento delle imposte e sanzioni riferite a violazioni commesse dal venditore nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento dell’azienda e nei due precedenti. Analoga responsabilità solidale tra cessionario e cedente sussiste in caso di violazioni commesse anche in epoca anteriore, e già contestate nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento.

  1. La disciplina

Dal momento dell’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel registro delle imprese, la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta ha effetto nei confronti dei terzi anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante. In base a quanto stabilito all’art. 2560 c.c., l’alienante non è liberato dai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta sorti anteriormente alla cessione, senza che i creditori abbiano dato il loro consenso. Inoltre, se questi debiti risultano dai libri contabili obbligatori, di essi risponde anche l’acquirente dell’azienda commerciale (si veda anche Cass. 21561/2020).

Gli unici debiti che si trasferiscono all’acquirente a prescindere dalla circostanza che risultino dai libri contabili obbligatori sono i debiti tributari, come disposto dall’art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997. Questa norma prevede infatti che: “il cessionario è responsabile in solido, salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti del valore dell’azienda o del ramo di azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore. L’obbligazione del cessionario è limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’amministrazione finanziaria e degli enti preposti all’accertamento dei tributi di loro competenza. Gli uffici e gli enti indicati nel comma 2 sono tenuti a rilasciare, su richiesta dell’interessato, un certificato sull’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti. Il certificato, se negativo, ha pieno effetto liberatorio del cessionario, del pari liberato ove il certificato non sia rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta. 

Da questa disposizione emerge la responsabilità solidale oggettiva e sussidiaria tra cedente e cessionario. “Oggettiva”, in quanto, secondo l’inciso del comma 1 della norma in esame, è limitata al valore dell’azienda o del ramo d’azienda e“sussidiaria” in quanto deve essere escusso preventivamente il cedente (in tal senso, in giurisprudenza è stata più volte riconosciuto l’onere dell’Amministrazione finanziaria di dover provare la preventiva escussione del cedente prima di avviare la propria azione nei confronti del cessionario. Si vedano: CTR Toscana, 23 marzo 2015, n. 547; CTP Lucca, Sez. V, 14 marzo 2013, n. 45; CTP Bolzano, 15 maggio 2012, n. 56; CTP Bolzano, Sez. I, 15 maggio 2012, n. 56). 

Per quanto concerne il valore dell’azienda da assumere a riferimento, nella circolare 10 luglio 1998, n. 180/E l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il limite alla responsabilità dell’acquirente è rappresentato dal valore dell’azienda ceduta definito in sede di accertamento ovvero, in assenza, da quello che è stato dichiarato dalle parti. 

L’applicazione della normativa relativa alla responsabilità solidale ha portato a considerare legittimo il comportamento del Fisco di rivolgersi direttamente all’obbligato solidale (Cass. n. 15713/2004 e n. 15700/2002). In particolare è stata ritenuta legittima la notifica di una cartella di pagamento nei confronti del debitore solidale quale atto strumentale alla formazione del titolo esecutivo per la successiva azione forzata (in questo caso la tutela del debitore solidale è garantita dal suo diritto di impugnativa della cartella stessa. Si veda: cass. 27 febbraio 2017 n. 4959).

Il cessionario ha il diritto di richiedere un certificato da cui risulti l’eventuale esistenza di contestazioni in corso e di contestazioni già definite per le quali i debiti non sono però stati soddisfatti: 

  • mediante la presentazione di un’apposita richiesta all’Ufficio competente in base al domicilio fiscale del soggetto di imposta (in caso di presentazione ad ufficio incompetente, sarà cura dell’Ufficio ricevente trasmettere con tempestività la richiesta all’Ufficio competente dandone contestualmente notizia al richiedente); 
  • anche in un momento diverso da quello in cui avviene la cessione dell’azienda (infatti, il rilascio del certificato può essere richiesto dal cessionario anche prima di avere acquisito l’azienda, ma richiede comunque l’espresso consenso alla richiesta da parte del cedente, posto che, in questo caso, si tratta di informazioni che riguardano quest’ultimo).

Il cessionario è pienamente liberato dalla responsabilità solidale per i debiti tributari relativi all’azienda acquistata nelle due seguenti ipotesi: 

  • il certificato rilasciato ha esito negativo
  • il certificato non è stato rilasciato entro quaranta giorni dalla richiesta (il termine finale dei quaranta giorni si identifica con il giorno di ritiro del certificato ovvero con quello di spedizione mediante lettera raccomandata). 

A titolo esemplificativo, nella sentenza 17 gennaio 2019, n. 74, la CTR della Toscana ha annullato la cartella di pagamento IVA a carico del cessionario dell’azienda in quanto, al momento del trasferimento, il debito tributario non risultava né dai libri contabili obbligatori né dagli atti degli Uffici dell’Amministrazione finanziaria e degli enti preposti all’accertamento dei tributi.

Con il provvedimento del 25 giugno 2001, è stato approvato il facsimile di richiesta di certificazione dei carichi pendenti attraverso il quale il cessionario può richiedere all’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria competente l’esistenza di contestazioni in corso o già definite ma non ancora soddisfatte.  

La richiesta di certificazione da parte del cessionario (autorizzata dal cedente) deve essere predisposta su apposito modello bollato (16 euro) e presentata all’Ufficio territorialmente competente in ragione del domicilio fiscale del cedente.

Nel certificato rilasciato dall’Amministrazione finanziaria devono essere enunciate a cura degli Uffici tutte le posizioni relative al cedente che sono rilevanti ai fini dell’applicazione del regime di responsabilità solidale previsto dall’art. 14 del DLgs. n. 472/1997, ovvero:

a) tutte le contestazioni già definite, ma a fronte delle quali sussiste ancora un debito del cedente verso l’Erario;

b) tutte le contestazioni in corso (ossia non ancora divenute definitive);

c) tutte le violazioni commesse dal cedente nell’anno in cui è avvenuta la cessione o nel biennio precedente che, ancorché non ancora “contestate”, sono già state “constatate” dall’Ufficio o ente competente.

Nel caso in cui il certificato rilasciato dall’Amministrazione finanziaria non rechi alcuna indicazione (c.d. “certificato negativo”), il contribuente è liberato da ogni responsabilità. Stesso effetto liberatorio consegue all’eventuale mancato rilascio del certificato entro 40 giorni dalla richiesta del cessionario.

E’ opportuno sottolineare che:

1) la mancata richiesta del certificato di debenza da parte del cessionario non comporta un’estensione della sua responsabilità rispetto a quella delineata dalla normativa sopra citata, ma gli impedisce di avvalersi dell’eventuale effetto liberatorio anticipato (Cass., 13 luglio 2017, n. 17264. Viceversa, secondo altre interpretazioni, nel caso in cui il cessionario non dovesse attivarsi presso gli uffici fiscali per richiedere il certificato, lo stesso risponderebbe senza i limiti sopra indicati, ancorché alla data della cessione non dovessero sussistere contestazioni fiscali. In tal senso: Cass. 10 aprile 2017, n. 9219 e 14 marzo 2014, n. 5979);

2) per i debiti pregressi relativi all’azienda ceduta, soggetto passivo dell’imposta, nei cui confronti deve essere svolta l’attività accertativa, è esclusivamente il cedente, nei cui soli confronti si è realizzato il presupposto impositivo (laddove, correttamente, l’amministrazione finanziaria provvede, nei confronti del cessionario, alla mera iscrizione a ruolo dell’importo non versato dal cedente, in forza della citata responsabilità solidale, senza che sia necessario che la cartella sia preceduta anche da un preventivo atto di accertamento nei suoi confronti) (Cass. 31.03.2022 n. 10377);

3) la responsabilità non opera, anche in ambito tributario, per le obbligazioni che sono riconducibili all’eventuale ulteriore ramo aziendale rimasto di proprietà del cedente (Cass. 11.04.2022 n. 11678). Tuttavia, è onere del cessionario dimostrare la non inerenza del debito tributario al ramo d’azienda acquistato (e la prova non può darsi tramite presunzioni, come, ad esempio, il ricorso agli studi di settore).

Si evidenzia, infine, che la limitazione alla responsabilità del cessionario viene meno nel momento in cui la cessione d’azienda o del ramo d’azienda sia stata posta in essere in frode dei crediti tributari (in questo senso si veda la sentenza n. 17264/2017 della Cassazione civile). In questa ipotesi, infatti, non solo mutano la natura e l’estensione della responsabilità, ma è diversa la stessa situazione oggettiva, poiché il fatto responsabilizzante non è soltanto la cessione dell’azienda o di un ramo di azienda, ma anche quella di singoli beni aziendali. E’ quindi l’Amministrazione finanziaria a dover fornire la prova della frode. A titolo esemplificativo, nella sentenza 26 febbraio 2019, n. 190, la CTP di Latina ha riconosciuto l’esistenza di una cessione d’azienda in frode ai crediti tributari (con conseguente violazione dell’art. 14, comma 4, del D.Lgs. n. 472/1997) nell’operazione di cessione frazionata dei singoli beni (strumentali e merce) costituenti il complesso aziendale posta in essere esclusivamente per motivazioni di carattere frodatorio, ossia per privare la società delle risorse disponibili che avrebbero dovuto garantire i debiti tributaria accumulati dalla cedente nei confronti dell’erario. 

Tuttavia, la frode dei crediti tributari si presume, salvo prova contraria, qualora il trasferimento sia effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione che sia penalmente rilevante e, come esplicitamente aggiunto dalla più volte citata circolare ministeriale, che sia suscettibile di radicare l’azione corrispondente (in altri termini, l’azione penale deve essere proponibile).

La responsabilità solidale del cessionario per i debiti tributari del cedente prevista dal citato art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997 non si applica alle cessioni di azienda che sono effettuate nell’ambito di una liquidazione coatta amministrativa (risposta a istanza di interpello n. 954-412 del 2014), In questo caso, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha rilevato che la liquidazione coatta amministrativa presenta tratti comuni al fallimento, assicurando idonea garanzia dell’assenza di intenti fraudolenti nelle operazioni contrattuali predisposte nell’ambito della stessa.

Nello specifico nell’estendere alla fattispecie quanto affermato in precedenza nella risoluzione 12 luglio 1999, n. 112/E relativamente alle cessioni d’azienda effettuate nell’ambito delle procedure fallimentari l’Agenzia ha precisato che la ratio sottesa all’art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997 è ravvisabile nel rafforzamento della garanzia a favore dello Stato per il pagamento dei debiti tributari (scongiurando eventuali accordi fraudolenti tra i soggetti partecipanti alla cessione).Proprio in virtù di questa ratio, l’applicabilità del citato art. 14 è stata esclusa per le cessioni intervenute nel corso di procedure fallimentari, sottoposte al controllo del Tribunale.

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