Le truffe on-line: profili penalistici

Negli ultimi anni si è assistito a un notevole incremento del numero di acquisti e, in generale, di transazioni effettuate sul web, il che ha comportato, di riflesso, un significativo aumento del numero di truffe perpetrate on-line.

Prima di entrare nel dettaglio di tale fenomeno, preme evidenziare come il delitto di truffa sia previsto dall’art. 640 c.p., che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinquantuno a milletrentadue euro «chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno». Tale reato si considera consumato nel momento in cui la persona offesa, a causa dell’errore in cui è stata indotta dall’agente, compie l’atto dispositivo. Con riferimento, invece, al luogo di consumazione del delitto, esso può variare in dipendenza dal metodo di pagamento utilizzato dalla persona offesa: l’individuazione di tale luogo non è affatto priva di ricadute sul piano pratico, dal momento che essa determina la competenza territoriale del Tribunale che sarà chiamato a giudicare del reato.

Negli ultimi anni, questo tema è stato più volte affrontato dalla giurisprudenza proprio con riferimento alle truffe on-line, le quali sono caratterizzate dall’utilizzo di metodi di pagamento a distanza quali bonifici o carte prepagate. Tra tali metodi intercorre una differenza strutturale che ha ricadute proprio sull’individuazione del locus commissi delicti.

Nel caso del bonifico, infatti, l’emittente può sempre revocare la disposizione di pagamento finché la somma non sia stata accreditata sul conto corrente del beneficiario; qualora, invece, si faccia ricorso a carte prepagate, la disposizione di pagamento è irrevocabile. Ciò comporta che, nel primo caso, la persona offesa non può dirsi depauperata finché la somma oggetto del bonifico non sia stata accreditata sul conto corrente di destinazione; nel secondo caso, invece, la disposizione di pagamento determina automaticamente la definitiva perdita della relativa somma.

Sulla scorta di tali considerazioni, la Suprema Corte (n. 27012/2022), richiamando alcuni propri precedenti, ha recentemente statuito che «nell’ipotesi di truffa contrattuale realizzata attraverso la vendita di beni online pagati con bonifico, il reato si consuma nel luogo dove l’agente consegue l’ingiusto profitto con la riscossione della somma e non già in quello in cui viene data la disposizione per il pagamento da parte della persona offesa», proprio alla luce della sopra evidenziata reversibilità dell’operazione; specularmente, qualora il pagamento sia stato effettuato mediante ricarica su carta prepagata, «il tempo e il luogo della consumazione della frode sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento dei soldi sulla carta, atteso che tale operazione, in ragione della sua irrevocabilità, realizza contestualmente sia l’effettivo conseguimento del bene da parte dell’agente – che ottiene l’immediata disponibilità della somma versata – sia la definitiva perdita dello stesso bene da parte della vittima».

Così stabilito il criterio di determinazione della competenza in materia di truffe perpetrate on-line, resta da segnalare che il ricorso al web per commettere il reato de quo è considerato dalla giurisprudenza presupposto per l’applicazione dell’aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61, n. 5), c.p. Più precisamente, il fatto che la vendita avvenga a distanza, senza che la persona offesa possa vedere né il bene oggetto della transazione, né la sua controparte contrattuale, pone il truffatore in una posizione di forza e di maggior favore, «consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta; vantaggi che non potrebbe sfruttare a suo favore, con altrettanta facilità, se la vendita avvenisse de visu» (così Cass. pen., n. 18252/2022).

Se, pertanto, dall’inizio della trattativa fino al compimento dell’atto dispositivo la persona offesa non ha mai avuto la possibilità di incontrare fisicamente la propria controparte, né di visionare il bene oggetto della transazione, ciò integra la circostanza aggravante della minorata difesa.

Quest’ultima produce conseguenze di non poco conto sul piano sanzionatorio. Mentre, infatti, la pena prevista per la truffa semplice è la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da cinquantuno a milletrentadue euro, nel caso in cui ricorra l’aggravante in parola l’art. 640, c. 2, c.p. prevede la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da trecentonove a millecinquecentoquarantanove euro. 

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