231 e condotte riparatorie: quali i riverberi sull’ente?

con l’istituto, ora divenuto di diritto penale generale, della “estinzione del reato per condotte riparatorie” di cui al nuovo art.162 ter c.p. introdotto dalla legge 23/6/17 n.103, in vigore dallo scorso 3 agosto, l’imputato può estinguere il reato attraverso una condotta restitutoria o riparatoria idonea a rimuovere il danno cagionato e ad eliminare, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato procedibile a querela allorquando questa sia soggetta a remissione.

interessante allora interrogarsi sui possibili effetti della condotta riparatoria – posta in essere dal soggetto apicale – sull’ente cui viene ascritta una responsabilità amministrativa da reato ex lege 231/01, per comprendere se tale condotta possa o meno esimere da responsabilità anche l’ente collettivo.

secondo il disposto dell’art.8 d. lgs.231/01 “la responsabilità dell’ente sussiste anche quando il reato si estingue per una causa diversa dall’amnistia”: una lettura piana, quindi, parrebbe delineare che la nuova causa estintiva del reato ex art162-ter cp non possa impedire l’ascrizione di responsabilità all’ente collettivo.

tuttavia, all’occasione, verrebbe voglia di argomentare l’assenza di coerenza nel ritenere perdurante la responsabilità ascritta all’ente per il reato compiuto nel suo interesse dal soggetto apicale (o meno) laddove l’ente stesso si ponga nella condizione di non beneficiare della condotta posta in essere dal soggetto apicale.

meglio: se il vantaggio procurato all’ente dal reato compiuto dal soggetto apicale fonda la responsabilità amministrativa da reato dell’ente, per quale ragione la venuta meno di questo vantaggio o interesse – tramite appunto condotte riparatorie o restitutorie poste in essere dall’agente e favorite dalla politica aziendale – non dovrebbe giustificare una venuta meno della responsabilità dell’ente?

ai giudici (ahinoi) l’ardua sentenza.

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