Sentenza Torino (commenti)

Il CMR firmato e le contestazioni del cliente in merito ai macchinari acquistati dimostrano la consegna e quindi la fuoriuscita dal territorio dello Stato italiano.

E’ questo il principio espresso dalla sentenza della Corte di Giustizia di primo grado Torino n. 89/2023, Sez. 5, depositata il 15.02.2023.  Nel caso esaminato una Srl chiedeva il rimborso dell’IVA (ex art. 30, c. 2, DPR 633/72) stante l’effettuazione di operazioni intracomunitarie non imponibili. L’Agenzia negava il rimborso in considerazione della mancata prova dell’effettiva movimentazione dei beni dall’Italia in uno Stato UE In particolare, con riferimento alla prova del trasporto, l’Agenzia rilevava che la documentazione idonea doveva essere costituita dalla fattura di vendita comunitaria al cliente, gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate nel CMR cartaceo firmato dal trasportatore, il pagamento risultante da riscontri oggettivi. In assenza di CMR cartacei, ulteriori prove potevano essere costituite dai DDT controfirmati dal destinatario e dal contratto di assicurazione relativo al trasporto di merci.

Coerentemente con quanto sopra, nel caso specifico, l’Agenzia riscontrava l’assenza di CMR debitamente controfirmati dai cessionari esteri e  rigettava l’autotutela presentata dalla società, non considerando prove certe della fuoriuscita dei beni dall’Italia i soli CMR sottoscritti dagli autotrasportatori (peraltro tardivamente e da soggetti non meglio identificati) ovvero le fotografie dei mezzi con i quali sarebbero avvenuti i trasporti.

A fronte di tale decisione, la società presentava proposta di reclamo/ricorso, ed evidenziava che la prova dell’effettiva fuoriuscita dei beni dal territorio nazionale era stata era stata fornita attraverso prove alternative (es. pagamento delle fatture con modalità tracciate e lettere di reclamo spedite dai cessionari esteri in cui erano stati denunciati vizi di funzionamento dei macchinari ceduti).

Il collegio giudicante ha accolto il ricorso della società. Preliminarmente è stato ricordato che, coerentemente con le modifiche operate al regolamento UE n. 282/2011, le prove documentali relative al trasporto di beni oggetto di una cessione intracomunitaria con clausola “franco fabbrica”, possono essere fornite attraverso le  fattura di vendita, i CMR firmati dal trasportatore e dal cessionario per ricevuta, i documenti bancari di pagamento, la dichiarazione del cessionario di arrivo dei beni nel Paese di destinazione, gli elenchi intrastat. In  assenza, come riconosciuto dalla stessa Agenzia delle Entrate (risp. interpello 100/2019 e 117/2020) il fornitore può avvalersi di ulteriore documentazione.  Coerentemente con quanto sopra, nel caso specifico il collegio ha evidenziato che, con riferimento alle cessioni intracomunitarie contestate, la società era stata in grado di produrre:

  1. l’ordine d’acquisto dei macchinari sottoscritti dall’amministratore delegato della società acquirente;
  2. la consegna dei macchinari affidata ad un trasportatore polacco documentata a mezzo DDT e di CMR riportanti il numero di targa del mezzo che ha effettuato il trasporto;
  3. la lettera di diffida della società acquirente indicante i difetti del macchinario consegnato emersi in sede di collaudo (con evidenza della possibile risoluzione contrattuale e del numero d’ordine effettuato).

Quanto sopra dimostrava in modo inequivocabile la consegna dei macchinari ai rispettivi acquirenti (ovvero l’uscita dei degli stessi dal territorio dello Stato italiano) e, di riflesso, l’illegittimità dell’accertamento.

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